Sicilia

Intervista a Tino Giammona, paladino della sicilianità

Buona volontà, tanti sacrifici e onestà: cu resta arrinesci!

L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna.
È in Sicilia che si trova la chiave di tutto…
La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra…
chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita.
(Johann Wolfgang von Goethe)

Goethe descrive così la nostra terra, la nostra isola di cultura e di ineguagliabile bellezza. Una terra che sa offrirci molto ma che, spesso, però, viene sottovalutata. Di frequente sentiamo di giovani ambiziosi che ‘’scappano’’ sostenendo: ‘’in Sicilia non c’è nulla’’, o, ‘’non ho futuro se rimango qui’’. Non è affatto così e in questa sezione del nostro blog avremo modo di dimostrarvelo. Parleremo della nostra cultura, dei nostri usi e costumi ma in particolar modo, affronteremo insieme a voi un itinerario singolare, dando voce a coloro che rimanendo in Sicilia ce l’hanno fatta. “Cu resta arrinesci”.

Oggi abbiamo deciso di intervistare per voi l’artista taorminese Agatino Giammona, artigiano locale, che è riuscito a trasformare la passione per la sua terra in un vero e proprio lavoro.

É “riuscito” rimanendo in Sicilia?

Si, sono qua. Mi trovo bene, vivo in un posto unico, e sono fortunato a vivere in un posto che si chiama Taormina. Taormina offre tanto, tutto il mondo viene a trovarci, e noi offriamo le nostre capacità, in questo caso artigianali.

Da dove è nata la sua passione?

Prima di tutto è un dono di natura, infatti, io dipingo senza fare scuola, poi mi ritrovo in una casa costruita da mio nonno, nel cuore di Taormina. Inoltre ho avuto dei parenti che avevano negozi di antiquariato, oggetti di antiquariato degli anni ’50, ’60, ’80, dunque crescendo con loro ho imparato ad apprezzare l’arte della Sicilia, un’arte che purtroppo ora va a scomparire. Mi piaceva e ciò che ho fatto, l’ho realizzato per un piacere personale, che poi è diventato un lavoro, che è anche unico nel suo genere.

Quando si è accorto che questa passione sarebbe divenuta la sua ragione di vita e cos’ha comportato per lei una scelta così “controcorrente”?

Sicuramente quando ho iniziato a incassare i primi guadagni! Nei primi tempi le persone a me vicine mi commissionavano le opere più disparate; dalle porte ai tavoli dipinti… Si può dire che dal “niente” sia nato un vero e proprio lavoro. Lavoravo al Teatro Greco-Romano di Taormina occupandomi di disegno archeologico, un compito noioso ma ben retribuito. La “mia” arte, però, mi spingeva sempre a disegnare i colori della nostra Terra, ciò mi dava parecchie soddisfazioni.

Non userei il termine “controcorrente”. Sono convinto che un’attività che piace si faccia molto volentieri. Bisogna metterci amore: il denaro e il profitto passano in secondo piano. Questa vita mi dà una duplice soddisfazione: la prima a livello personale, quando ammiro un lavoro appena finito e ben compiuto, l’altra, ad esempio è vedere la felicità negli occhi dell’acquirente che, magari, porterà l’opera anche dall’altra parte del mondo.

La sua professione la rende in un certo senso ambasciatore della Sicilia nel Mondo…

Come dicevo, ho avuto l’immensa fortuna di vivere a Taormina, luogo che non ha bisogno di presentazioni. Non avrei certamente avuto lo stesso risultato se fossi nato altrove. Quasi sicuramente sarei andato via, magari verso un luogo turistico. Abbiamo l’immensa fortuna di avere il Mondo “che viene a trovarci”

Qual è il suo soggetto artistico preferito?

Io dipingo nell’arte dei carrettieri che avevano un intimo legame con il Sacro. Quando dipingo un’immagine sacra, ad esempio una Madonna, che rappresenta protezione, si dà in essa il “massimo splendore” della Sicilia in quanto, almeno nella mia arte, ogni cosa scaturisce dalla sfera del Sacro. I carrettieri, inoltre, dipingevano i Pupi, Rinaldo e Orlando, i Vespri, le battaglie tra Mori e Saraceni riservando, però, almeno un angolo al Sacro, sempre. Anche in una scena “molto cattiva” c’era una parte “buona”.

Maestro, qual è l’opera del suo cuore?

Certamente il trittico, un’opera molto particolare. Ispirato alle pale d’altare, sovrasta il letto tipico siciliano quasi fosse una finestra. In questo trittico ho rappresentato un proverbio, tipico della tradizione Taorminese, che le mie nonne ripetevano spesso all’inizio del mese di Dicembre. Dicembre in Sicilia. Recitavano questo proverbio attraverso i Santi della devozione popolare: “U quattru Barbara, u sei Nicola, l’ottu Maria, u tridici Lucia e lu vinticincu lu Veru Missia.”. L’opera nasce, dunque, da questo proverbio. La Vergine è al centro ed è raffigurata con una manta d’argento, seguendo la tradizione Bizantino-Siciliana e poggia su una mezzaluna, anch’essa dello stesso materiale. Tutto è accompagnato da festoni con arance e fiori di zagara, elementi che definirei come “una mia firma”. Con questi festoni ho anche sostituito le tradizionali aureole che sovrastano le teste dei Santi.

Quale appello rivolgerebbe ai giovani Siciliani che si vedono “strappati” dalla nostra Terra?

Ci vuole buona volontà. Sono necessari tanti sacrifici e soprattutto l’onestà che è alla base di tutto. Occorre anche un pizzico di fortuna, ci vuole anche quella… Ma la buona volontà è essenziale.

Finisce qui la nostra chiacchierata, Maestro Giammona. La ringrazio a nome di tutta la redazione di ClassicBlog!

Grazie a voi!

Rosario Patti

Sono Rosario e faccio tante cose. Adoro sognare, l'ironia, i libri, i pranzi di Natale ed essere autentico a 360°. Mi piace chiacchierare di Arte, di mete da esplorare e di musica. Amo la poesia e il dialogo con le persone che mi circondano.

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