Libri

La letteratura come archeologia umana

Tutti abbiamo una storia da raccontare

Uno tra i più interessanti eventi di questa edizione del Taobuk, alla quale noi di Classicblog abbiamo preso parte, è stato sicuramente l’incontro con lo scrittore israeliano David Grossman, evento intitolato “Letteratura: l’archeologia umana’, moderato dal giornalista e saggista della “Repubblica”, Maurizio Molinari. Ad ospitare l’evento è stata la suggestiva location del Teatro antico di Taormina.

In apertura si è parlato del Covid e di come la pandemia abbia potuto influenzare, e magari far maturare, lo scrittore. A tal proposito egli ha fatto riferimento alla sua terra, Israele che da paese iperattivo è stato investito da una calma preoccupante, come se un nemico estraneo avesse congelato il tempo. In un secondo momento, la situazione ha avuto ripercussioni anche sui singoli, poiché la pandemia ha trasmesso una sorta di claustrofobia, ha chiuso tutti noi in una morsa dalla quale era difficile sottrarci.

Non vogliamo sentirci vittime impotenti davanti alle inesorabili vicende delle nostre vite.

Nonostante tutto, lo scrittore ha affermato di aver visto del buono in ciò che il Covid è ed è stato, poiché le difficoltà ci hanno permesso di trovare “la forza di dimenticare e di ricominciare’’ sfruttando un momento di disagio come un’opportunità di rinascita. Molinari poi, moderando la discussione ha ripreso una citazione dal libro “dove si è sicuri di avere ragione i fiori non germoglieranno”. Così lo scrittore israeliano, ha posto l’accento sul fatto che alle volte, se non nella maggior parte delle situazioni, le ideologie imprigionano e paralizzano. Sarebbe doveroso svincolarsi da queste, affinché la narrativa possa fare il suo pieno corso, “scongelando” e rendendo più flessibile la comunicazione del messaggio.

Tutti abbiamo storie da raccontare, quasi da diventare noi stessi una storia, ognuno la racconta poi a seconda della situazione e ogni qual volta la narriamo è come se andassimo indietro nel tempo, affinando parti della storia come se fosse un bigliettino da visita, che però, ben preso diviene una prigione artificiale della quale siamo noi stessi gli autori. Al contempo, però, questa non è una prigione ineludibile bensì, ogni volta che si racconta una storia è possibile osservarla, e, dunque, narrarla da punti di vista diversi. Questo consente di giungere ad una rielaborazione dei fatti e, di conseguenza, della vita stessa. In questo modo non si resta assoggettati ad essa, ma si riesce ad arrivare ad una stratificazione della narrazione, tappa fondamentale per sentirsi vivi.

Inoltre, Grossman, riguardo al suo nuovo libro, ha affermato che è sempre una sfida scrivere di chi è diverso. Questo è il caso di Eva Panic. Le loro due vite si sono intrecciate per ben ventisei anni: è entrata nella sua esistenza come una tempesta, con una chiamata animata dall’intento di criticare un suo saggio. Fin da subito lo scrittore ha compreso che, sebbene tutti siamo unici a nostro modo, lei fosse di un’unicità ancor più unica, una di quelle che è difficile incontrare.

Eva gli raccontava la sua storia, una storia travagliata, segnata da una scelta terribile tra la vita del marito o della piccola figlia di soli sei anni. Questa storia incredibile veniva raccontata in diversi episodi come Shahrazād di “Mille ed una notte”, creando sempre una sorta di aspettativa. Un’aspettativa che Eva giustificava con un semplice “non voglio annoiarti, forse in futuro ti richiamerò per raccontartela”, e così era ogni volta. Storia alla quale Grossman poi ha voluto aggiungere un pizzico della sua peculiare inventiva, senza però mai giudicare Eva.

Il dibattito è stato incentrato, poi, su una materia più tecnica, dal momento che lo scrittore ha delineato il suo rapporto con i traduttori. Ha raccontato di aver fatto una lettura con i diversi traduttori e di essersi reso conto di come ogni lingua ed ogni traduzione avesse ‘’la propria psicologia la quale poi si traduceva in dolcezza e precisione”.

A tal proposito, Molinari ha chiesto a Grossman della sua patria. Ha descritto la sua terra in maniera molto esaustiva, raccontando delle vicende terribili che ormai da sempre interessano Israele, della difficoltosa convivenza tra le diverse popolazioni che abitano quelle terre, facendo un augurio, affinché ci possa essere per tutti una rinascita che segni la fine di tutte le conflittualità.

Cristina Di Maria

“I genitori ti insegnano ad amare, ridere e correre. Ma solo entrando in contatto con i libri, si scopre di avere le ali” (Helen Hayes). Vivo in un piccolo paesino in prossimità del mare in cui non c’è molto da fare. Cerco di impiegare il mio tempo libero ascoltando musica, andando in spiaggia, uscendo con gli amici ma soprattutto leggendo, poiché è un modo diverso per viaggiare, librare le proprie “ali” e volare via da qui.

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