Libri

Diari di donne ordinariamente fuori dal comune

Tra adattamento e accettazione: due libri che profumano di resilienza

Questa variegata edizione di Taobuk continua con la presentazione dei libri “Bianco è il colore del danno” e “La non mamma”, scritti rispettivamente dalle autrici Francesca Mannocchi e Susanna Tartaro, entrambi editi da Einaudi.

L’incontro si è svolto a Taormina, nella suggestiva location dei giardini del Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, sotto la guida della moderatrice Costanza Diquattro.

Due libri personali, intimi, che scavano a fondo nella vita delle autrici. Nel caso della Mannocchi, “Bianco è il colore del danno” è un libro difficile. Ci vuole molto coraggio da parte del lettore che si appresta alla lettura. Questa è una storia di coraggio, un romanzo nel quale l’autrice riesce, magistralmente, a sfatare il tabù della malattia, affrontarla faccia a faccia, chiamarla per nome e non negarne l’esistenza. È un libro spietato, crudo, ma è in questa spietatezza che si annida la verità di ciò che sta scritto. Secondo l’autrice, il libro è stato una sorta di “cassetta degli attrezzi” da usare per comunicare all’esterno un messaggio difficile. Lo sforzo più grande, nel caso di questo libro, è quello che si richiede al lettore, destinatario.

Quello con la malattia è un rapporto che apre un alterco interiore, schiude le porte dell’irrazionalità. Oltre che strumento di forza, diventa una chiave interpretativa per riuscire a cogliere tutte le sfumature della vita.

Viviamo, infatti, in un mondo sempre più polarizzato, abbindolati a cedere alla tentazione del bianco, che contiene tutte le tonalità del visibile. È difficile cogliere gli altri colori dell’arcobaleno ed è altrettanto difficile avventurarsi alla ricerca delle proprie contraddizioni: mettersi a nudo e ammettere che la propria vita non è altro che l’essere immersi in una sottile armonia del contrasto.

I due grandi pilastri su cui poggia il libro della Mannocchi sono malattia e maternità. L‘autrice, nello scrivere questo libro, è giunta alla conclusione che queste due realtà, quasi sempre paradigma di un’inesorabile perdita del potere su se stessi, possono essere “domate” servendosi di un forte autocontrollo.

Un altro appello accorato che l’autrice fa è quello di evitare la propensione all’edulcorare. Bisogna essere capaci e versatili nel dire, senza giri di parole, lo stato effettivo di noi stessi; “Oggi si tende a dire sempre la radice quadrata di ciò che pensiamo” ha detto. Essere madre fa pensare e, secondo la scrittrice, ci si dovrebbe servire di un metodo in continuo perfezionamento che funzioni per errori e illuminazione.

Susanna Tartaro con il libro “La non mamma” ha tentato di non dar voce all’io narrante bensì di raccontare degli incontri che ha avuto durante la sua vita e che l’hanno “attraversata”, lasciando parlare loro. Ha amato e ama le persone, in tutte le loro sfumature e tutto ciò che si cela dietro di loro, mostrando una delicatezza esistenziale che poi va a riflettersi anche nel suo romanzo. La peculiarità del libro è delineabile fin dalla prima lettura. Durante l’incontro, è stato possibile sentire la stessa autrice leggere un passo del libro riguardante Lorenzo, un bambino, uno dei suoi non figli. La descrizione, molto delicata, che sfiora la poesia, come ha ben affermato la moderatrice, ci fa capire l’intenso e intimo legame che l’autrice va a creare con le persone.

Filo comune che lega le due autrici è la concezione della maternità, evento che la Tartaro trova sia diventato alle volte puro esibizionismo ed in cui è insita anche una sorta di insicurezza. Il suo romanzo tocca questo tema, come si può già intuire dal titolo, in maniera alquanto inusuale, in quanto la scrittrice afferma di essere una non mamma ma al contempo di essere madre di sua madre e madre di molti altri, mettendo in evidenza la complessità dell’essere umano.

Susanna è una donna, ma anche una figlia, un’amante e molte altre cose, tuttavia non è una madre, ma anche il suo non essere madre finisce per definirla come donna.

Per questo il libro potrebbe essere un’esortazione alla libertà di poter essere sé stessi, di divertirsi, di provare malinconia, ponendo l’accento sul fatto che non si può essere madri solo nel tipico modo, a volte basta entrare in contatto con gli altri. Da qui l’autrice afferma di preferire il ‘’simpatizzare’’ con gli altri piuttosto che l’empatizzare, e dunque simpatizzando con le persone circostanti diventare in un certo senso genitore, madre, o meglio, una non madre.

Ecco che nel libro Susanna decide di salire sul motorino e di percorrere le strade di Roma, catturando piccoli istanti di quotidianità altrui, come una fotografia, custodendo piccole parti di vita non vissuta da lei in prima persona.

Rosario Patti

Sono Rosario e faccio tante cose. Adoro sognare, l'ironia, i libri, i pranzi di Natale ed essere autentico a 360°. Mi piace chiacchierare di Arte, di mete da esplorare e di musica. Amo la poesia e il dialogo con le persone che mi circondano.

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